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Il 2023 è stato l’anno del ritorno dello Stato al centro delle politiche economiche nel segno del cosiddetto derisking: la “riduzione del rischio” adottata dall’Occidente per contenere la sua dipendenza dal mercato cinese in settori strategici come la tecnologia o le energie rinnovabili. Ma i dodici mesi appena trascorsi sono stati scanditi anche da emergenze molteplici. Alcune di queste crisi sono rientrate. Le banche centrali hanno dimostrato di saper gestire il montare dell’inflazione e di contenere il terremoto scatenato, a marzo, dal fallimento della Silicon Valley Bank. Altre emergenze, invece, sono ancora in corso: è il caso dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente. Così, il 2024 si preannuncia segnato da diverse questioni ancora aperte, a cominciare dagli effetti del derisking che potrebbe essere limitato e rivisto o, al contrario, esteso ai servizi finendo per inaugurare un nuovo corso in netta discontinuità con le ricette ultra-liberiste.
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