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L’assenza di Xi Jinping al recente vertice del G20 e il terremoto del settore immobiliare che, lo scorso agosto, ha investito la Repubblica popolare potrebbero essere i segnali di un profondo mutamento degli equilibri globali. Intanto, in Occidente gli economisti si dividono. Gli interpreti di scuola keynesiana attribuiscono le fibrillazioni di Pechino a una crisi della domanda interna, non drammatizzano i possibili esiti di questa congiuntura negativa e indicano nel sostegno pubblico all’economia promosso dall’amministrazione di Joe Biden la giusta risposta al modello cinese. All’opposto, i teorici di ispirazione conservatrice approfittano delle attuali difficoltà del Dragone per riaffermare la supremazia del paradigma liberale. Grande è la confusione sotto il cielo, mentre la sensazione è che l’Occidente continui a utilizzare approcci analitici inadeguati a comprendere le specificità del colosso asiatico e le contraddizioni di un tempo nuovo.
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