Fouza è nata a Deir Ezzor, in Siria. Quando lo Stato islamico è arrivato in città, lì ha ucciso – in un solo giorno, uno per volta – almeno 135 siriani e ne ha rapiti 400. Poi ha messo la città sotto assedio. Fouza c’era, era un’adolescente e stava preparando l’equivalente del nostro esame di maturità. Mancavano materie prime e carburante, le famiglie cercavano petrolio scavando pozzi. Fouza ha preso fuoco maneggiando petrolio grezzo mentre attorno erano in corso i combattimenti. Si è svegliata in ospedale con gravi ustioni al collo, al petto, alle braccia, alle mani e su parte del volto. Nell’ospedale di Medici Senza Frontiere ad Amman convivono pazienti e personale che erano sui fronti opposti della guerra civile a casa propria. Fouza è sopravvissuta allo Stato Islamico in una città dove i civili si sono armati per combattere Daesh accanto ai soldati di Assad. Oggi è seguita da Obada, un giovane siriano gambizzato dal regime di Assad e il vocational trainer di Msf nell’ospedale.
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