Nel Settecento la vita intellettuale si svolgeva nei salotti e nei caffè, ma dopo la Rivoluzione francese e con l’alba della società di massa, gli intellettuali si chiudono all’esterno e si circondano di oggetti evocatori e di oggetti da collezione, che diventano prismi attraverso i quali guardarsi e guardare il mondo. La casa si trasforma in libro. Gli scrittori, per vedere meglio la realtà del loro tempo, le voltano la schiena, senza lasciarsi accecare dai bagliori del progresso. L’eccentrico collezionismo degli scrittori strappa il valore bruto alle cose, salvandole in un’arca-rifugio, e gliene fa assumere un altro. Nella sua perenne clausura, Balzac non potrebbe scrivere senza gli arredi per cui non esita a indebitarsi. Loti si rifugia in un Oriente fittizio, Apollinaire sogna mobili sgonfiabili e Cocteau si misura con lo spazio. Come diceva Montesquiou, l’arredamento è uno stato d’animo.