Mentre gli sguardi si appuntano sugli sbarchi, sui richiedenti asilo e sui porti che si vorrebbero chiudere, la sfida principale per una visione lungimirante dei fenomeni migratori in Italia riguarda l’integrazione delle seconde generazioni. Una popolazione eterogenea, composta da circa 1,3 milioni di persone, di cui 826.000 inserite a scuola e 30.000 in università. Il termine “integrazione” non a tutti piace. Alcuni amano i più leggeri “convivenza” o “interazione”, altri il più politico “inclusione”. Un’integrazione depurata dagli equivoci comporta tre dimensioni: la prima strutturale (trovare un lavoro dignitoso); la seconda relazionale (stabilire una rete di amicizie); la terza personale (sviluppare le competenze necessarie per inserirsi). Occorre domandarsi se le istituzioni pubbliche e la società nel suo insieme stiano promuovendo le azioni necessarie per favorire l’integrazione delle seconde generazioni. La questione della cittadinanza è emblematica.