«Una fotografia non è un’ideologia che stravolge le menti, è un seme: se sposta qualcosa lo fa piano, crescendo dentro chi la guarda.» Nelle parole di Paolo Pellegrin troviamo il senso del suo osservare il mondo, con un approccio da antropologo che raccoglie materiale sul campo per poi articolare una visione che è necessariamente sempre propria. Il suo sguardo si muove sul crinale che separa l’umanità dalla disumanità, tra spazi definiti da barriere non solo fisiche, ma soprattutto culturali. La sua fotografia è sempre evocazione emotiva di uno stato d’animo. Nel raccontare l’altro da sé si immerge nelle conflittualità umane, che a largo raggio generano tragedie di cui ci arriva un’eco ormai soffusa nella grande massa di immagini a cui siamo sottoposti quotidianamente. Paolo Pellegrin, dialogando con Roberto Koch, approfondirà il tema del confine e del conflitto, riflettendo sui muri che costruiamo, a partire da noi stessi.