Il più shakespeariano dei registi, Orson Welles, quando si è trovato a definire i film – almeno così recitano le leggende – ha parlato di “nastri di sogni”. Il cinema, quest’immensa nastroteca fatta di luce, nasce con le operaie che escono dalle officine Lumière e con l’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat: quasi nello stesso momento in cui Sigmund Freud finisce di appuntarsi per iscritto quell’Interpretazione che, dei Sogni in movimento di Auguste e Louis Lumière, è più o meno coetanea. Da 127 anni (da quando è nato il cinema) i film, narrazioni per immagini sottili quanto l’aria, ci visitano nel sonno. Hanno condizionato la forma estetica del Novecento (e del XXI secolo), e continuano, quando ci riescono, a rinnovarci l’inconscio di Bellezza. Ce ne parla lo scrittore e sceneggiatore Giordano Meacci.