Le distruzioni intenzionali di opere d’arte, l’incuria che affligge i monumenti e i paesaggi, il declino delle città storiche e il diffondersi dei ghetti urbani sono segnali (diversi, ma convergenti) di una crisi che non è solo economica e politica, ma culturale. Stiamo disimparando a convivere con il nostro passato, a cui non sappiamo più guardare se non con nostalgia o disagio. Nessun osservatorio è più adatto dell’Europa, attraversata da spinte di disgregazione che nascono da un progetto economico-politico in cui la cultura ha avuto sinora un ruolo gregario. Ma che cosa, se non l’esercizio creativo del pensiero critico, può consentirci di comprendere i processi in corso? Una memoria culturale “plurale” osservata con “sguardo distante”, è il terreno di crescita di una creatività che non mira all’effimera felicità del successo, ma comporta la piena realizzazione delle proprie potenzialità: un sentimento che incardina l’individuo nella comunità di cui fa parte.