La rete è condivisione: è la sua natura. Attraverso mezzi sempre nuovi ci permette di condividere informazioni, opinioni, emozioni, conoscenza, memoria, intelligenza e anche la nostra identità. Da questa condivisione derivano così tanti benefici sociali e personali che si può pensare a un fenomeno di civilizzazione, più ancora che tecnologico. Condividendo i nostri dati personali, le attività e persino la posizione geografica, diveniamo però trasparenti, ma a volte più per gli altri che per noi stessi. Infatti non abbiamo accesso a tutto ciò che si sa su di noi, il cosiddetto “inconscio digitale” (ossia le informazioni che si trovano online su di noi e che non sappiamo). Dunque la trasparenza online, se ben gestita, è un bene o no? Il problema è che in questa epoca di transizione non c’è simmetria tra l’utente e la rete: il “Big Data” permette infatti alle imprese e al governo di appropriarsi dei nostri dati. Come trovare quindi un equilibrio sociale e psicologico in tutta questa trasparenza?