Una delle qualità più inquietanti dell’altro non risiede nella sua differenza da noi ma, al contrario, nel fatto che ci assomiglia in maniera fin troppo inquietante. Maestro di illusioni, e sommo teologo e filosofo della fantascienza, Philip K. Dick ha dedicato racconti e romanzi a personaggi non-umani, come gli androidi di Blade Runner, o post-umani, come i mutanti. Questi ultimi sono fonte di terrore ed attrazione, ripugnanza e venerazione, a seconda dei particolari poteri di cui sono in possesso. Rappresentano l’ultima metamorfosi dell’umano, un’alterità tanto più minacciosa quanto più scaturita dall’interno della specie, dalla sua evoluzione. La fantasia del mutante di Dick è una delle più perfette e memorabili incarnazioni di questa minaccia così piena di fascino, impossibile da imbrigliare, a metà strada fra l’arma letale e la sfida filosofica. Letture di Sonia Bergamasco e commento di Emanuele Trevi.
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