È notte e siamo nel castello di Elsinore, il fantasma ha raccontato come veramente si sono svolti i fatti (il fratello lo ha ammazzato usurpando il trono e la moglie lo ha tradito), poi si è congedato dal figlio che giura di non dimenticare e di vendicarlo. Quella di Amleto è una parola donata, data a un altro. Ma che cosa si dà quando si dà la propria parola? Emerge un meccanismo lievemente paradossale: do la mia parola, ma questa vale solo nella misura in cui non è più mia, nel senso che l’ho data a qualcun altro ed è divenuta indipendente dalla mia volontà poiché non posso riprendermela (rimangiarmela, si dice, sottolineando che è diventata un oggetto esterno) a meno di rivelarmi quantomeno un bugiardo. La parola data si presenta così come l’elemento fondamentale della costruzione della realtà sociale, cioè di quegli oggetti – dalle promesse alle scommesse, dal denaro ai matrimoni, dalle guerre alle crisi economiche – da cui dipende tutta la felicità e l’infelicità della nostra vita.