L’evoluzione non vede il futuro, avviene nel qui e ora. Può quindi succedere che una specie esaurisca le risorse disponibili e metta a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. Che stia accadendo all’unica specie auto-proclamatasi “sapiens”, tuttavia, è paradossale. Questa crisi del nostro stare nel mondo naturale ha radici profonde. La socialità umana per piccoli gruppi sta faticosamente allargando lo spettro del “noi”: dalla tribù alla città, dalla città a un popolo, da questo all’umanità intera e alla biosfera. Viviamo accanto a moltitudini di estranei solo da poche migliaia di anni. Per contro, le forze che strumentalizzano i nostri egoismi di gruppo sono sempre più potenti. Dinanzi a sfide globali, ci stiamo illudendo tragicamente di uscirne attraverso sovranismi conflittuali, minando tutte le istituzioni sovranazionali. Quando una specie cambia il mondo in modo tale da ridurre le possibilità di benessere delle generazioni successive, si parla di “trappola evolutiva”. Per uscirne, la prima condizione è esserne consapevoli e riscoprire il valore essenziale della cooperazione.