Zagrebelsky propone un dialogo celeberrimo sulla posizione degli esseri umani rispetto al potere che li governa: quello tra il Cristo e il Grande Inquisitore, sulla libertà e il servaggio, che occupa il capitolo centrale de I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij. Solo l’Inquisitore parla e il Cristo assiste silente, un silenzio interrogante e penetrante. Il Cristo è venuto a liberare gli uomini: la libertà come il dono più grande. L’Inquisitore viene per liberare l’umanità dalla libertà. Rivendica d’essere il vero benefattore, perché la libertà è una maledizione, un dono avvelenato. Esitiamo a prendere posizione tra i due. Il sorprendente finale apre a domande teologiche, antropologiche e politiche, alle quali non si può sfuggire. Lì è il punto focale e da lì si può partire per ragionare su come non farsi schiacciare nella morsa, tra l’implacabile argomentare dell’Inquisitore e il silenzio del Cristo.